Era il 15 settembre 1948 quando a Villa d’Este di Cernobbio (CO) si consumò il cosiddetto “delitto Bellentani”, che causò la morte del setaiolo Carlo Sacchi, a opera della contessa Pia Bellentani.

La timida e bella Pia

Pia Caroselli nacque il 29 gennaio 1916 a Sulmona (AQ) ed era molto bella coi suoi occhi azzurri, i capelli corvini e il suo portamento molto elegante e altero. Ebbe molti corteggiatori, ma lei non volle nessuno che non amava. La sua famiglia aveva infatti una buona posizione economica grazie alla fortuna che si era costruita in campo edile.

La famiglia si poteva permettere delle splendide vacanze e, proprio durante una di queste, a Cortina, fu notata da un industriale nel campo dei salumi: Lamberto Bellentani.

Aveva 40 anni, era scapolo, e aveva appena subito la perdita della madre. Pia ne condivideva il nome e la ricordava fisicamente; a Lamberto sembrò un segno del destino, tanto che – non riuscendo ad approfondire la sua conoscenza a Cortina – si adoperò per rintracciarla.

Lamberto tornò a Milano e chiese informazioni su Pia a un amico banchiere di Sulmona, zio di lei. Fu organizzato un incontro a Sulmona, a seguito del quale lui chiese ai genitori di lei la sua mano. Nonostante la differenza di età fosse evidente, con i 40 anni di lui e i 22 di lei, la gentilezza e la caparbietà di Lamberto conquistarono Pia e i suoi genitori diedero il consenso al matrimonio.

Matrimonio e relazioni

Il 15 luglio 1938 la coppia si sposò. Pia divenne la Contessa Bellentani e i due si trasferirono in Emilia per poter permettere a Lamberto di lavorare più vicino alle sue industrie di salumi.

Dal matrimonio nacquero due figlie: Stefania e Flavia. Pia, tuttavia, iniziò a essere molto infelice e a chiudersi in sé stessa. Nel 1941 si trasferirono sul lago di Como, a Cernobbio, e tramite amicizie in comune lei conobbe il commerciante di seta Carlo Sacchi, già sposato con l’ex ballerina Lilian Willinser e padre di tre figlie.

Pia se ne innamorò subito, ma Carlo non ricambiava le sue attenzioni romantiche. Intrecciarono una relazione extraconiugale, ma se per Pia era l’unico amante, per Carlo lei era una delle tante che la moglie tollerava.

Da una lettera inviata da Pia a Carlo si intuisce come lei stesse bene in sua presenza:

“Tu hai suscitato in me sensazioni mai conosciute, risvegliato sensazioni nuove, hai sconvolto il mio cuore ed i miei sensi: mi hai fatto conoscere quello che si chiama Amore. Attraverso questo amore io sento di essere oggi una donna completa, questo lo devo a te e te ne ringrazio moltissimo”

Dopo poco tempo lui troncò la relazione, ma Pia – ancora innamorata – ne fu distrutta. Quando scoprì che lui aveva un’altra amante (Sandra Guidi, detta Mimì), tentò un gesto folle buttandosi sotto la macchina di lui con una moto, uscendone fortunatamente illesa.

Carlo Sacchi iniziò a prendersi gioco di lei, insultandola, chiamandola “terrona” e deridendola in pubblico. Pia intanto trascurava le figlie e il marito, che fingeva di non sentire le voci riguardanti i comportamenti della moglie.

Delitto dell’ermellino

La sera del 15 settembre 1948 a Villa d’Este si stava presentando la collezione invernale della sarta milanese Biki e gran parte dell’aristocrazia italiana era invitata. Ironia della sorte, Pia e il marito erano seduti allo stesso tavolo della coppia Sacchi, con l’amante Mimì poco lontana.

Pia, che indossava un abito bianco e una cappa di ermellino, dopo aver visto Carlo e Mimì ballare per tutta la sera e parte della notte, andò a prendere il maglione del marito e anche la pistola che si portava dietro per sicurezza. Nascose la pistola sotto la cappa (da cui il nome “delitto dell’ermellino”) si avvicinò a Sacchi, lo minacciò e gli sparò un colpo dritto al cuore che lo uccise sul posto. Pia cercò di usarla ancora contro sé stessa, ma – forse perché c’era un solo colpo in canna o forse perché s’inceppò – il colpo non partì. La contessa Bellentani fu immediatamente arrestata e portata al carcere di San Donnino di Como, dove rilascerà nell’interrogatorio le ultime frasi scambiate con la vittima Carlo Sacchi:

“Beh, che cosa vuoi ancora, che ti prende?”
“Nulla, ma stavolta è finita davvero, puoi credermi…”

“Che cosa intendi dire?”

“Che ti posso anche uccidere… ho qui una pistola”
“Terrona, i soliti romanzi a fumetti di voi donne, i soliti terroni spacconi. Possibile che non sappiate trovare niente di meglio da fare, voi terroni?”

Epilogo del delitto

Il processo iniziò nel marzo 1952 e la difesa chiamò il professore Filippo Saporito, che nella sua perizia dichiarò la presenza di vizio totale di mente: Pia avrebbe ereditato un male dal padre affetto di sifilide. Pia fu condannata a 10 anni per il delitto Bellentani, di cui 3 da passare presso un manicomio. In Appello, la pena fu ridotta di altri 3 anni e il 23 dicembre 1955 terminò la sua condanna prima del previsto, con la grazia che le fu concessa dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.

Il Conte Bellentani morì nella sua casa di Montecarlo poco tempo dopo il rilascio della moglie e Pia tornò a Sulmona con le figlie cercando di sparire dai riflettori. Fu sua volontà scrivere un libro con le sue memorie e devolvere gli incassi alle figlie di Sacchi, ma la vedova la querelò e fermò sul nascere questa cattiva idea.

Del delitto Bellentani si parlò molto sulla stampa locale e nazionale, perché interessava una buona fetta di aristocrazia italiana e lariana. Secondo alcuni, tuttavia, questo delitto non fu solo passionale, ma sarebbe da attribuire alla maledizione dell’isola Comacina, di cui tratteremo nel prossimo articolo.