Il 17 gennaio si celebra Sant’Antonio Abate, data della sua morte. Nella nostra Brianza un segno della sua venerazione è la fiera di Sant’Antonio a Erba (CO). Antonio era un eremita egiziano vissuto nel IV secolo d.C. e, decidendo di passare la sua vita in solitudine per cercare una comunione più intensa con Dio, diede inconsapevolmente inizio al monachesimo cristiano. Fin dal Medioevo, in Occidente il Santo fu invocato come patrono dei macellai e veniva spesso rappresentato con un maiale accanto perché i seguaci del Santo, gli antoniani, utilizzavano il grasso dell’animale per creare unguenti da spalmare sulle piaghe. Da tradizione, si dice che Antonio fosse un taumaturgo capace di guarire le malattie più tremende.

La devozione a Erba

A Erba Alta sorge la chiesa appartenente all’ex convento di Santa Maria degli Angeli, il 12 gennaio 1498 ricevette come reliquia una mano di Sant’Antonino martire.

Nella frazione erbese di Mevate, nell’attuale via San Maurizio, esisteva l’abbazia di Sant’Antonio. Con la sua soppressione settecentesca furono affidati alla chiesa di Santa Maria degli Angeli una statua lignea del Santo abate e un quadro, ancora presenti nella chiesa di Erba Alta.

Con questi oggetti anche la secolare fiera di Sant’Antonio, che si teneva già da secoli nella frazione di Mevate, si spostò al piazzale antistante la chiesa di Santa Maria degli Angeli, comunemente conosciuto anche con il nome improprio di Sant’Antonio a causa della presenza della statua, del quadro e della fiera stessa.

La Sacra Mano di Sant’Antonino

La mano di Sant’Antonino era molto venerata della popolazione, anche quando il convento era ormai chiuso da secoli e la chiesa si trovava all’interno della proprietà del conte Marliani. Alla fine del Settecento si diede il via alla costruzione di Villa Amalia e per rendere più veloci e comodi i lavori si pensò all’abbattimento totale della chiesa: il progetto fu fermato da una vera e propria sommossa popolare, che portò il conte ad essere minacciato da persone armate di falci e picconi.

La devozione crebbe dopo che una “pioggia ininterrotta di grazie cadde sui devoti” che venivano a pregare, ma la leggenda narra che, improvvisamente e inspiegabilmente, la mano aveva perso il suo potere rendendosi sorda alle domande degli oranti.

Iniziò a girar voce che un’altra reliquia, presente nel Convento dei Minori Riformati di Como, era in grado di dispensare grazie con incredibile pietà. Dopo giorni di ricerche, i frati del convento erbese scoprirono che la famosa reliquia custodita a Como era appartenuta a Sant’Antonino martire, Cavaliere di Cristo, e si trattava del pollice della mano destra, proprio la stessa mano che era ancora conservata gelosamente nel convento di Santa Maria degli Angeli.

Il Sacro Pollice di Como

A seguito di un accurato controllo, i frati erbesi notarono che la mano era stata privata del pollice e che quindi i frati di Como, non si sa come, ne fossero entrati in possesso e l’avessero rinominato il prodigioso “Sacro Pollice” di Como.

Denunciato il fatto ai superiori, i frati comaschi furono interrogati e negarono di aver rubato alcunché, ma non poterono far niente di fronte alla richiesta di confrontare la reliquia mutilata con il Sacro Pollice: alla prova presenziarono molti monaci e abati della zona dove

“fu fatta gran luce nel luogo del reliquiario, mentre il chirurgo di Erba, Giovan Angelo Parravicini, accostò il dito alla mano. Con grande gioia e sorpresa, sotto gli occhi dei vergognosi frati di Como il Sacro Pollice si riattaccò alla mano, in tal modo da non lasciar traccia alcuna di eventuali fratture. E il potere ritornò alla Mano di Sant’Antonino, così che il popolo riebbe le sue grazie e a lui ricorse con preghiere per altro più copiose.”

La fiera secolare tra sacro …

Da secoli, in pieno inverno, centinaia di persone salgono verso Crevenna per poter assistere alla fiera di Sant’Antonio a Erba. Come tutte le grandi feste religiose contadine, la fiera era vissuta anche come un momento di festeggiamenti per il corpo e non solo per lo spirito.

Le attività più tipiche all’interno della chiesa sono quelle di accendere un cero o fare un voto. Alcuni toccano la barba della statua di Sant’Antonio, che nella tradizione popolare viene definito “Sant’Antoni da la barba bianca”, con il colore a intendere la presenza di neve che in questo periodo dell’anno può essere abbondante.

Durante la Messa avviene la benedizione del pane, un richiamo al Vangelo come valore religioso della povertà, ma collegato anche alla tradizione contadina per la sua valenza come alimento indispensabile delle generazioni passate. Al culmine della funzione religiosa si assiste alla folla di fedeli che prendono posta in fila per poter baciare la reliquia.

Ogni anno viene anche ripetuta la benedizione degli animali e dei mezzi agricoli, in quanto Sant’Antonio è protettore degli animali domestici, del bestiame e del lavoro nei campi.

… e profano

La fiera era uno dei momenti che scandivano l’anno agricolo; i contadini utilizzavano questi pochi giorni di festa per poter commerciare i semi pregiati di cipolla prodotti in Alta Brianza, come quella di Brunate che dal 2015 è fortemente tutelata anche grazie a un’associazione.

Una bancarella che non poteva mai mancare era quella dei cappelli da uomo perché solitamente i contadini indossavano un copricapo solo ul dè de festa e spesso attendevano proprio questa ricorrenza per comprarne uno nuovo.

Le bancarelle erano piene di prodotti locali come formaggi e salumi, ma non mancava nemmeno il torrone o i tipici firòn : castagne essiccate e infilate grazie a un ago a punta grossa in uno spago, per poi essere intrecciate in più file fino a creare una sorta di collana.

La fiera nel presente

Negli ultimi decenni la fiera di Sant’Antonio a Erba è popolata da ambulanti e giocolieri e si è molto modernizzata con la presenza di giostre da luna park, ma non si è voluto dimenticare anche la parte contadina. Da sempre, infatti, la fiera termina con il falò, su cui viene bruciata una sagoma di cartapesta raffigurante un maiale, animale che accompagna la figura del Santo. Come altri falò invernali che si accendono in questi giorni in Brianza, anche questo simboleggia la volontà contadina di uscire dal freddo e dal gelo.

L’immagine scelta è uno dei cartelli storici della fiera di Sant’Antonio a Erba dipinti dai pittori Edoardo e Raffaello Bertacchi.