Le sponde del nostro splendido lago sono sempre state abitate da personaggi illustri come scrittori e pittori, ma ce ne sono stati anche altri che si sono contraddistinti per aver portato una ventata di musica e danza sul Lario.

Due ballerini sul lago di Como

Da fine Settecento il lago di Como e i suoi dintorni sono stati un richiamo forte per tutti quegli artisti che necessitavano pace dalla vita mondana e frenetica milanese o che semplicemente volevano godersi gli ultimi anni della vita in un luogo a loro caro.

Nicola Guerra (1865 – 1942) fu un coreografo, ballerino e insegnante originario di Napoli. Diresse diverse compagnie di ballo, tra cui quella della Scala di Milano, di Roma, Parigi, Vienna e Budapest. Visse gli ultimi anni della sua vita tra Como (via Diaz, 8) d’inverno e Cernobbio (in frazione Piazza Santo Stefano) d’estate con la seconda moglie Livia Alda Pasqualini, anche lei ballerina. Ora riposano entrambi al Cimitero Monumentale di Como.

Carlo Blasis (1795-1878) fu ballerino, coreografo e considerato il “padre della danza classica accademica” in quanto le sue pubblicazioni sono ancora oggi considerate fondamentali per il metodo didattico. Originario di Napoli, figlio del compositore Francesco, ebbe accesso a una straordinaria cultura artistica fin dalla giovane età, rendendo nota fin da subito la sua predisposizione per la danza. Viaggiando per il lavoro del padre, iniziò la sua carriera in Francia per poi tornare in Italia per esibirsi al teatro La Scala di Milano. Nel 1830, accompagnando sua sorella a Genova, incontrò la ballerina Annunziata Ramaccini e in poco tempo la sposò. I due continuarono a ballare insieme per un lungo periodo, anche dopo un infortunio al piede di Carlo. La coppia si stabilì a Cernobbio, sulle sponde del lago, e ci visse fino alla morte, sopraggiunta a lui nel 1878 e a lei nel 1892. La figlia della coppia, Luigia, si sposò con Gian Battista Carcano di Maslianico (CO).

Donne e danza sul Lario

Pierina Legnani (1868 – 1930) fu la prima ballerina ad essere insignita del titolo di “Prima Ballerina Assoluta” per la compagnia di San Pietroburgo. Questo titolo è riservato a pochissime ballerine di ogni generazione: attualmente custodiscono questo onore tre danzatrici, tra la quali l’italiana Alessandra Ferri. Si diceva che fosse stata la prima ad eseguire 32 “fouettés en tournant”, un complesso passo di balletto, di fila; nel 2013 presso il Teatro la Scala fu rinvenuto un diario di Pierina nel quale era conservato il ritaglio di giornale che ne tesseva le lodi magistrali per il suo virtuosismo. Sotto l’articolo, di suo pugno Pierina scrisse tuttavia che ne poteva compiere solo 4 di fila.  Quando diede l’addio alle scene russe si trasferì a Pognana Lario, dove risiedette fino alla sua morte e nel cui cimitero è seppellita.

Rita Sangalli (1849-1909) era originaria di Antegnate (BG), ma scelse ben presto di attraversare l’oceano. A soli 17 anni iniziò una carriera spettacolare negli Stati Uniti che la portò ad avviare una scuola per gli artisti dei musical che necessitavano di imparare la tecnica da lei appresa presso la Scala di Milano. A carriera quasi terminata, nel 1886, si sposò con il barone de Saint Pierre, il quale possedeva una villa a Carpesino, ex Comune di Arcellasco, ora Erba (CO) e nella quale morì il 3 novembre 1909.

La famiglia Taglioni

Filippo Taglioni (1777-1871) era un ballerino milanese che, per poter emergere dal dominio incontrastato di Pierre Gardel e Auguste Vestris sulla scena parigina della danza, decise di trasferirsi a Stoccolma dove incontrò Sophie Karsten, figlia di un cantante lirico, che sposò nel 1803. Da questa unione nacquero Maria e Paolo, entrambi ballerini. Maria fu allenata dal padre per migliorare il suo stile e divenne la ballerina romantica per eccellenza grazie ad alcune innovazioni: l’utilizzo del tutù, la danza sulle punte e l’acconciatura à bandeaux, da lei introdotta, che divenne tipica per le ballerine classiche. Si ritirò dalla scena a 44 anni.

Nel 1862, dopo la morte della moglie, Filippo Taglioni iniziò dare segni di pazzia ed eccentricità dilapidando l’eredità di famiglia con delle speculazioni sbagliate. Morì nel 1871 nella sua villa di Blevio, oggi conosciuta come villa Usuelli.

Nei suoi anni più popolari alcuni spasimanti regalarono a Maria Taglioni diversi palazzi di Venezia, tra i quali la celebre Ca d’Oro comprata dal principe Alexander Troubetzkoy. Il principe russo passò molti anni in compagnia di Maria e fece costruire la sua omonima villa non troppo lontana da quella della Taglioni a Blevio, però nel 1852 sposò la secondogenita di Maria: Eugenié Marie Edvige, nata dal matrimonio infelice durato solo tre anni con il conte Alfred Gilbert des Voisins. La moglie del principe Troubetzkoy morì a Perledo (LC) e fu lì sepolta.

Anche se grazie a Filippo Taglioni la figlia Maria era stata portata alla ribalta, sempre a causa sua Maria perse tutti i suoi risparmi, andando in bancarotta e morendo in miseria nel 1884 in Francia dove, per poter sostenersi, impartiva lezioni private di danza.

Dive più e meno conosciute

Sofia Fuoco (1830 – 1916), pseudonimo di Maria Brambilla, scelse questo nome riprendendo il cognome da nubile della madre per differenziarsi dalle troppe omonime presenti alla scuola di danza della Scala di Milano. Fu allieva di Carlo Blasis e a soli 13 anni fu nominata “prima ballerina assoluta”; era conosciuta in tutta Europa grazie alla sua meravigliosa tecnica, sotto certi aspetti addirittura migliore di Maria Taglioni perché riusciva ad eseguire una variazione intera sulle punte senza far toccare il tallone a terra.

Veniva chiamata anche “figlia dell’aria” per la sua grazia e fu descritta dai critici con frasi molto lodevoli, come ad esempio:

“le sue mani avevano il dono della parola”
“i suoi piedi rendevano l’immagine del volo degli angeli”
“il suo stile era corretto, preciso, vivace eppure potente, elegante, armonioso e librato”.

Si ritirò dalle scene non ancora trentenne e andò a vivere a Carate Urio (CO) con la madre e le zie nella “Villa Fuoco”, della quale si può ancora leggere una lastra lungo la strada lacuale. Nei suoi ultimi anni di vita si dedicò a moltissime opere di bene e quando morì lasciò in eredità una cospicua somma all’Ospedale di Como, al Pio Istituto del Teatro la Scala, alla congregazione di carità di Carate e altre somme ad amici e servitori. Riposa nella cappella di famiglia presso il Santuario di Santa Marta di Carate.

Vittoria Peluso (1766 – 1828) conosciuta come “la pelusina”, esordì giovanissima nella danza e insieme alla sorella Rosa si esibì da quando aveva 9 anni fino ai 16. Viaggiarono in tutta Italia e anche in Spagna insieme ai genitori, ballando per diverse inaugurazioni importanti come quella per il Teatro della Cannobiana di Milano. Nel 1783 Vittoria Peluso si sposò col marchese Bartolomeo Calderari, uno dei mecenati del Teatro la Scala di Milano, e grazie a questa unione riuscì ad elevare la sua condizione sociale facendo parlare le malelingue dell’epoca riguardo il suo presunto arrivismo. Per le nozze tra Vittoria Peluso e Bartolomeo Calderari, Giuseppe Parini dedicò il sonetto “Il pomo che a le nozze di Peleo”.

Sul lago Calderari possedeva diverse tenute tra le quali Villa Camilla a Domaso e la Villa Garovo (ora Villa d’Este) a Cernobbio (CO). Nel 1806 il marchese Calderari morì a seguito di una presunta ferita ricevuta durante un duello; già allora si pensa che Vittoria avesse una relazione col generale Domenico Pino, col quale si sposerà due anni più tardi, dopo aver rispettato il periodo di lutto. “La pelusina” morirà nel 1828 nel Lodigiano, durante un soggiorno in uno dei palazzi ereditati durante le prime nozze.

Riguardo a Villa Garovo (o Garrovo) ci sarebbero molte storie da raccontare, per questo abbiamo scritto un articolo dedicato.

 

Alcune informazioni sono state tratte dagli articoli scritti da Gigliola Foglia per il sito Overthere